La riforma istituzionale sul cosiddetto premierato forte rappresenta una serie di novità sostanziali al nostro sistema di Governo, la principale delle quali, contenuta nell'articolo 3 del testo con cui si andrebbe a modificare il 92 della Costituzione, è l'elezione a suffragio diretto del Presidente del Consiglio, contestuale al voto con cui si eleggono i parlamentari. Non sarebbe quindi più il capo dello Stato a designare il Premier su indicazione della maggioranza che ha vinto, ma proprio il popolo a sceglierlo. Il Presidente della Repubblica si limiterebbe a ratificare questa decisione uscita dalle urne. Il Premier nominerebbe anche i Ministri e, fra le altre novità cruciali, avrebbe un limite di due mandati di 5 anni ciascuno. Un terzo mandato sarebbe possibile solo nel caso non avesse svolto i suoi incarichi precedenti per oltre 7 anni e 6 mesi. Per consentire una più agevole governabilità è previsto un forte premio di maggioranza su base nazionale in entrambe le Camere, la cosa è demandata a una legge elettorale ancora da farsi ma che evidentemente dovrà avere un'impronta maggioritaria. Per evitare i cosiddetti ribaltoni una delle novità della riforma Casellati prevede che, in caso di sfiducia al Premier o di sue dimissioni, il Capo dello Stato possa dare l'incarico di formare un nuovo Governo a un altro parlamentare della sua stessa maggioranza e con lo stesso programma. La cosa sarebbe possibile, comunque, una sola volta. Altra grossa novità è l'addio al semestre bianco, che attualmente prevede che un Capo dello Stato non possa sciogliere le Camere nei 6 mesi prima dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Con le nuove norme, in caso fosse necessario lo scioglimento delle Camere per indire elezioni anticipate, il Capo dello Stato potrebbe farlo in qualunque momento, anche a ridosso della fine del suo settennato.