Il 5 dicembre non arriveranno le cavallette. Questo referendum non è un vezzo del Governo, ma lo chiede la Costituzione. Nell’ennesima giornata in cui volano parole grosse, attacchi a tutto campo, minacce di ricorsi e controricorsi, il Premier Renzi cerca di normalizzare il voto. Non ci sarà un sistema antidemocratico, qualunque sia il risultato. Con il sì, spiega Renzi, ci sarà un’Italia più semplice ed efficiente. Con il no resta tutto così com’è. Non cambia nulla. Basta, però, alla ricerca dello scontro a tutti i costi. “C’è un clima di polemiche, di accuse. Peccato. Dall’altro è la democrazia. La nostra Costituzione va rispettata sempre, sia per quelli che la vogliono cambiare, sia per quelli che la vogliono mantenere com’è”. Sul dopo, in caso di sconfitta, non sarà della partita: a 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia, che chiedono elezioni anticipate se dovesse vincere il no, risponde che a decidere sarà il Presidente della Repubblica, sulla base delle indicazioni ricevute dal Parlamento. Berlusconi, intanto, fa sapere che se Renzi dovesse perdere, lui è pronto a sedersi al tavolo per riscrivere tanto la riforma quanto la legge elettorale. Per Bersani, invece, deve restare, qualunque cosa accada. “Sono pronto a votare altre venti fiducie. Bisogna prendersi quell’anno di tempo, da qui al 2018, perché il sistema si rimetta un attimo in ordine”. Non scalda invece i cuori l’annuncio di un possibile ricorso sul voto degli italiani all’estero. “Io sono molto convinto delle ragioni del no, le sto spiegando in giro per l’Italia. Incontro un’attenzione vera e sono preoccupato perché credo che il dibattito in questi giorni sia un dibattito che non fa bene al Paese”. Toni accesi, destinati ad aumentare ancora nei prossimi dieci giorni, in una campagna che sarà ricordata come una delle più divisive mai viste prima.