Fare in fretta, arrivare ad una prima approvazione per le europee di giugno, dando un segnale forte, ma senza ancorare alle modifiche della Costituzione la sopravvivenza del Governo. Sulla riforma costituzionale a Palazzo Chigi sembrano avere le idee chiare. Il convincimento è che il referendum, questa volta, non sarà un ostacolo invalicabile perché, lo dice esplicitamente il Ministro Calderoli, a differenza del passato le modifiche sono semplici e circoscritte, si attua un punto cruciale: chi governa è scelto dal popolo. Certo, l'iter non sarà facile e neanche veloce, la doppia lettura a distanza non minore di tre mesi fa inevitabilmente slittare i tempi, ma se una leggera apertura c'è stata da parte della Ministra Casellati, un testo non può mai dirsi blindato, ma le modifiche devono essere coerenti, sanno dalle parti della maggioranza che per paradosso una posizione meno dialogante da parte delle minoranze può rendere tutto più veloce, evitando di aprire confronti inutilmente dilatori. Anche perché margini ce ne sono pochi. Per non incorrere nel referendum popolare serve che le modifiche siano approvate dai due terzi dei parlamentari di ogni aula, soglia che la maggioranza è ben lontana da raggiungere, anche ipotizzando il parere favorevole di Italia Viva, a cui piace l'elezione diretta del Premier. Bocciata, invece, da Calenda che bolla il testo meloniano come arma di distrazione di massa. Incolmabili, per ora, le distanze con Movimento e PD, con la segretaria Schlein che è stata tranchant: questa riforma è una schifezza, il Presidente della Repubblica diventa un arredo.