"Un provvedimento epocale", così il Guardasigilli Carlo Nordio definisce la riforma costituzionale della Giustizia varata dal Consiglio dei Ministri e che, spiega, si articola su tre principi fondamentali: la separazione delle carriere e la composizione e l'elezione del Consiglio Superiore della Magistratura. Il ddl non prevede modifiche all'articolo 112 della Costituzione, che riguarda l'obbligatorietà dell'azione penale, è il risultato di numerose modifiche seguite a diverse interlocuzioni istituzionali e molto potrebbe ancora cambiare con le leggi di attuazione. Il pilastro della riforma resta la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, che avranno vite professionali distinte. Non sarà più possibile passare da una funziona all'altra, cosa che era attualmente consentita una sola volta nella carriera in base alla riforma Cartabia. Il PM, nelle intenzioni dichiarate dal Governo, rimarrà indipendente e non sottoposto alle direttive dell'Esecutivo. Si sdoppia poi in due separati il Consiglio Superiore della Magistratura, uno per i magistrati requirenti, l'altro per quelli giudicanti, anche in questo caso con l'obiettivo di circoscrivere il ruolo delle correnti. Al vertice di entrambi resta il Presidente della Repubblica. Il CSM, organo di autogoverno della magistratura, perde poi la sezione disciplinare. In base alla riforma, la competenza sugli errori e i comportamenti dei magistrati sarà affidata all'Alta Corte, organo esterno al CSM, che sarà composta da 15 giuristi con profili di elevata professionalità. In chiave anti correnti anche il sorteggio secco di tutti i componenti del CSM, sia togati che laici, con modalità che saranno stabilite dalla legge.