Le finalità sembra la stessa ma i toni restano quelli taglienti della campagna elettorale. Che i conflitti in corso fossero terreno di scontro tra maggioranza ed opposizione era infatti ipotizzabile ma la convergenza tra i due poli, seppur tra mille distinguo ed infinite sfumature, si intravede solo perché alcuni paesi partner della Nato stanno prendendo strade considerate troppo estremiste nei confronti della Russia e dalle quali conviene prendere le distanze da parte di entrambi gli schieramenti politici. "Noi non manderemo nessun soldato italiano a combattere in Ucraina e tutti gli strumenti militari che forniamo all'Ucraina devono essere usati dentro il territorio ucraino e non in Russia". Tajani dunque lo sottolinea, le nostre armi a Kiev devono restare nei confini ucraini. Posizione questa che condivide non, perlomeno non solo, con gli alleati di governo ma anche con la segretaria del PD, Elly Schlein, che afferma: "Dobbiamo evitare un'escalation alla quale si arriverebbe con un ingresso diretto dell'Unione Europea nel conflitto", spiega, commentando l'apertura di Polonia e Finlandia a lasciare a Kiev la possibilità di usare le armi fornite dai rispettivi paesi in territorio russo. "Niente armi in territorio russo", dicono anche i 5 Stelle che sfoggiano magliette della Pace a Montecitorio e chiedono garanzie in merito a Meloni e a Crosetto, il quale replica aprendo alla possibilità di desecretare, almeno in parte, la lista delle armi inviate all'Ucraina. "Sto pensando...sto pensando, ma è una mia decisione che cambia le vostre regole, di fare come fanno alcune nazioni che non hanno secretato il tutto ma parte. Alcune cose sono secretate in tutte le nazioni, alcune insecretano tutto ma sto pensando di arrivare a questo punto".