Un accordo vitale per la salvaguardia degli oceani. Un testo frutto di negoziati durati venti lunghi anni. Ancora non definitivo, in attesa di essere perfezionato e ratificato degli Stati. Proteggere il 30% degli oceani entro il 2030, definendo diritti e responsabilità degli Stati nell'utilizzo delle acque. 30x30 è l'obiettivo del trattato globale per la protezione dell'Alto mare, che è quella parte di acque del nostro Paese dove finiscono le zone economiche esclusive degli Stati, a un massimo di 370 km dalla costa, e non è quindi sotto la giurisdizione di nessuno. Lo scopo, superare le divergenze sulle tematiche fondamentali della convenzione come la navigazione, le attività estrattive del fondo marino, i regimi di transito e di sfruttamento. "Questo accordo serve a riempire tutto quel vuoto normativo che riguarda l'Alto mare per quanto riguarda la protezione della biodiversità. Il negoziato ha una portata geografica, come diceva prima, veramente imponente perché il 30% riguarda la necessità di tutelare le acque, sono obiettivi che si sono posti le Istituzioni internazionali, ma l'ambito di applicazione di questo trattato coprirà circa il 40% della superficie del pianeta e circa il 95% del volume di acqua salata che ancora resta fuori dalle giurisdizioni nazionali". I negoziati al Palazzo di Vetro si erano incagliati sulla condivisione delle risorse genetiche marine, il genoma di coralli, spugne e batteri e gli eventuali profitti generati dalla loro commercializzazione e la procedura per la creazione di zone marine protette. L'intesa raggiunta in extremis, con un giorno di ritardo rispetto alla scadenza dei lavori, dopo una maratona di 38 ore di trattative non stop e grazie a una inedita coalizione tra Unione Europea, che ha messo sul tavolo 40 milioni di dollari per facilitare la ratifica, Stati Uniti, Gran Bretagna e Cina. Un momento storico per la protezione della natura e per un futuro migliore. Perché le acque internazionali del nostro pianeta non siano terra di nessuno ma proprietà di tutti.