Lungo il perimetro qualcuno provvede a chiudere i buchi aperti nella rete di recinzione, ma in realtà gli ospiti del Cara sono liberi, qui a Bari come altrove, di entrare ed uscire dalla struttura. Possono farlo anche i 12 migranti egiziani e bengalesi finiti loro malgrado al centro dello scontro tra Governo e magistrati che esattamente una settimana fa inauguravano di fatto, in Albania, i centri nati dall’accordo tra Roma e Tirana, salvo poi ritrovarsi, dopo appena 72 ore, su una motovedetta della nostra Guardia costiera che li avrebbe portati in Italia. Sono frastornati, racconta Paolo Iafrate, legale di uno dei migranti bengalesi. "Il ragazzo presenta delle vulnerabilità, comunque parliamo di un Paese che da agosto e già dall'inizio di luglio 2024 ha subito un mutamento politico, e lui proprio il suo mutamento politico rischia di essere comunque sottoposto a una forma di persecuzione per motivi politici. Tanto più che poi il ragazzo è anche transitato in Libia, e nel suo transito in Libia ha subito anche una prigionia dov'è stato anche sottoposto a delle percosse, ha subito delle lesioni." E proprio la vulnerabilità di queste persone sarà alla base di molti dei ricorsi che Iafrate e gli altri legali, riuniti in pool, stanno predisponendo contro il no alla richiesta di protezione internazionale arrivata dalle commissioni territoriali quando i migranti erano ancora in Albania. Per loro, assicurano gli avvocati che lavorano dunque per scongiurarne il rimpatrio, Bangladesh ed Egitto non sono Paesi sicuri.