“Ringrazio i magistrati della Corte d’appello di Perugia per avermi restituito la speranza dopo 23 anni di bugie e di depistaggi che la Procura di Roma ci ha e mi ha elargito. Gradirei inoltre che il Presidente della Repubblica leggesse le motivazioni scritte dai magistrati della Corte d’appello di Perugia nella causa di revisione di Hashi Omar Hassan”. Parla poco, ascolta e ringrazia chi non è stanco di battersi, dopo la sentenza di Perugia con cui è stato assolto, l’unico condannato, il somalo Hashi Omar Hassan. I legali della famiglia Alpi tornano a chiedere di far luce sulle lacune, le deviazioni e ciò che non venne fatto per scoprire la verità sull’assassinio della giornalista e del suo cameraman, Miran Hrovatin. Impresa complicata, alla luce della prescrizione che coprirebbe i fatti che eventualmente dovessero essere accertati. Ma per l’avvocato D’Amati, non si riparte da zero: “Bisogna solo rimeditare su cose già dette, già scritte che oggi assumono un valore ineludibile di fronte a questa assoluzione. Fra le varie forme di sollecito pensavamo di chiedere un colloquio anche con il Procuratore capo di Roma. Non vogliamo lasciare assolutamente nulla di intentato”. Ampio il fronte della battaglia, con la Federazione nazionale stampa italiana pronta a costituirsi parte civile, l’Usigrai e Walter Verini, capogruppo del Pd in Commissione giustizia, che ribadisce: “Ilaria e Miran furono uccisi perché avevano scoperto traffici illeciti di armi e rifiuti all’ombra della cooperazione internazionale”. Forte e a tratti commovente la conferenza stampa a Montecitorio, che spazia e va a toccare il grande tema dell’informazione, il giornalismo e il ruolo chiave dei giornalisti nella ricerca della verità, a volte sì, fino a morire, com’è accaduto a Ilaria.