Deepfake, educazione digitale e norme per combatterli

29 ott 2019
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L'espressione nasce nel 2017 quando l'utente di un social crea un video porno con le sembianze di una celebrità. Da allora i deepfakes, filmati, cioè, in cui i volti vengono sostituiti fino a sembrare autentici, stanno sempre più invadendo il Web rappresentando una minaccia. “Eravamo abituati a dire: non so se è vero, ma se lo vedo ci credo. Quello che sta succedendo oggi è che si stanno diffondendo decine di migliaia di video che sono costruiti dall'intelligenza artificiale e attribuiscono a persone fisiche, vere, qualcosa che sembra vero ma non lo è”. Famosi di recente i video con falsi Obama, Putin, Trump, ma anche alcune scene di film alterate. Un mezzo che, come ogni tecnologia, ha grandi potenzialità positive, purché sia usato bene. “Se viene usato per un ricatto, per un video porno che serve poi a ricattare o a distrugge la reputazione di una persona, per attribuire a un politico dichiarazioni mai fatte, per fare truffe economiche, che già sono a un livello di allarme, è evidente che è una tecnologia estremamente insidiosa”. A creare il deepfake è l'intelligenza artificiale. La macchina mappa un volto, ne estrae centinaia di fotogrammi e poi li applica sul viso di un'altra persona. Una specie di chirurgia plastica virtuale capace di ingannare chiunque. L'ANICA ha voluto approfondire il tema in un incontro tra esperti, in cui un esempio pratico, un deepfake del giornalista RAI Giorgino, mostra l'effetto che fa. “Buonasera dal TG1. Apriamo questa edizione con...”. “La novità è nel fatto che non stiamo parlando di falsificazione di contenuti, che in qualche misura hanno un minimo di sorveglianza critica quando ci sono le parole, ma viene cambiata addirittura la messa in scena della comunicazione. Questa roba qui rischia di cambiare la costruzione del mondo e quindi bisogna che i bambini e i ragazzi siano educati a questo”. Non tutti possono generare deepfakes, servono tecnologie e risorse, ma tutti devono conoscere bene il fenomeno. Per combatterlo serve innanzitutto educazione digitale e poi interventi normativi. “Vanno continuamente adeguati. Inoltre le patologie della rete non possono essere affrontate solo con una legislazione nazionale”.

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