Ripercorrere quei primi giorni dell'epidemia, quando il Covid aggrediva l'Italia. Più che interrogatori sono state delle audizioni, l'ex premier Giuseppe Conte, l'ex Ministro della Sanità Roberto Speranza, sono comparsi Davanti al Tribunale dei Ministri di Brescia cui la Procura di Bergamo, titolare dell'inchiesta sul Covid-19, ha trasmesso gli atti per competenza. Le accuse per entrambi sono di epidemia e omicidio colposi, in relazione alla gestione, secondo i PM, sbagliata e omissiva della prima fase della pandemia nel marzo 2020. Una maxi inchiesta partita dagli esposti dell'Associazione Familiari Vittime del Covid. "I Paesi, europei, che avevano un piano pandemico adeguato, hanno comunque risposto, in maniera adeguata, alla pandemia e hanno contenuto sia la diffusione del virus sia l'eccesso di mortalità." Sia Conte che Speranza sottolineano i loro avvocati hanno risposto a tutte le domande del Tribunale, in modo esaustivo e completo. Per questo le difese si dicono soddisfatte. Due i punti cruciali su cui si basa l'accusa: la mancata istituzione della zona rossa nella bergamasca e la mancata adozione del piano pandemico del 2006, secondo i PM hanno causato 4000 vittime che si potevano evitare. L'accusa parla di omissioni, ritardi e sottovalutazioni. Ma la linea difensiva sia di Conte, che di Speranza è netta. Il nostro interesse era tutelare al meglio la salute pubblica, quello che si doveva fare di restrittivo è stato fatto. "Il piano pandemico era un piano, quello del 2006, assolutamente inefficace così come la comunità scientifica aveva ritenuto di dire al Ministro. Bisognava prendere altro tipo di provvedimenti e sono stati presi tutti i provvedimenti necessari anche se poi, dal primo febbraio, come dire le decisioni non potevano essere prese più dal Ministro, venivano prese da altri.".