"Sono scappato da Homs, in Siria, nel 2012. Ma anche in Libia la vita era impossibile, il razzismo nei confronti degli stranieri resta forte, non potevo far crescere lì i miei 4 figli". Abdul Karim è uno dei 114 rifugiati arrivati dalla Libia attraverso un corridoio umanitario. Un corridoio umanitario -è il terzo dall'approvazione dell'accordo- che appare però più come un'evacuazione da un Paese insicuro, visto che chi ha organizzato il trasferimento si è dovuto affidare all'Alto Commissariato per i Rifugiati per poter selezionare quelle persone considerate più fragili e spesso bloccate nei centri di detenzione. Persone che vengono dalla Siria, ma anche dalla Somalia, dal Sudan, dalla Repubblica Democratica del Congo, dall'Etiopia e che arrivano in Italia in sicurezza grazie proprio all'impegno della federazione delle chiese evangeliche e della Comunità di Sant'Egidio, che dal 2020 hanno siglato l'accordo con il Governo italiano. Un accordo che l'accoglienza dei migranti, alla presenza dei Ministri dell'Interno e degli Esteri, Piantedosi e Tajani, conferma il sostegno all'operazione anche da parte dell'Esecutivo Meloni. "È una strada che si apre, è un modello che funziona, l'idea di un'Europa che, veramente, ritorna alle proprie radici che sono fatte di Stato di diritto, che sono fatte di solidarietà, che sono fatte di grande umanità. E poi in Europa c'è tanto spazio e c'è anche tanto bisogno di persone che vengano a lavorare e aiutino la nostra economia e le nostre famiglie. Dunque, benvenuti a tutti". "Bisognerebbe che ciò che fa l'Italia venisse fatto proprio anche da altri Paesi e diventasse una strategia mediterranea dell'Europa. E io credo che lo faremmo, se facessimo così lo faremmo non soltanto per chi ha bisogno ma anche per noi stessi, perché è anche su questo fronte che si deciderà che tipo di Europa e che tipo di democrazia saremo per il futuro".