"Si vedevano gli oblò, non si vedeva tutta la struttura, ci siamo detti: quella cos'è?". Quella cosa era la Moby Prince, il traghetto che 30 anni fa entrò in collisione con la petroliera Agip. 140 morti ricordati da una lapide e nessun colpevole per la giustizia italiana, che si concentrò sulle responsabilità del Comandante e sulla presenza di nebbia. La Commissione d'inchiesta parlamentare ha scritto sulla più grande tragedia della Marineria Italiana un'altra storia, con la petroliera che si trovava in una zona di divieto d'ancoraggio e i ritardi dei soccorsi. Soltanto il giovane mozzo Alessio Bertrand, venne salvato da due ormeggiatori del porto di Livorno. "Noi lo prendemmo, io gli detti anche la mia giacca, perché era bagnato e si lamentava e piagnucolava dicendo: ho camminato sui morti, sono tutti morti". Adesso che la procura ha aperto una nuova inchiesta per strage e che il testo base per una nuova commissione è stato approvato, si è riaccesa la speranza di una luce, quella che ha chiesto anche il Presidente Mattarella. "L'obiettivo è quello di avere una verità completa, che non possa essere ritenuta politica". Paola Bruno, è la mamma della vittima 20enne, Alberto Bisbocci, il dolore non passa le forze vengono meno. "30 anni di acque sporche, ora siamo stanchi proprio, stanchi, stanchi".