"5489. Io l'ho avuto per tutta la mia famiglia". Vincenzo Agostino era sempre presente alle commemorazioni delle stragi di mafia. Da Capaci a Via D'Amelio, ai cortei per la legalità, agli incontri con gli studenti. Instancabile, mentre gli anni passavano, lui si faceva sempre più debole e la sua barba bianca cresceva. Non l'avrebbe tagliata diceva fino a quando non si fosse infranto quel muro di omertà silenzi, coperture, depistaggi e false piste investigative che avevano impedito di conoscere mandante e movente del duplice omicidio dell'agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio che aspettava un bambino, che aspettava il suo nipotino. E di far luce sui tanti misteri mai chiariti: sul ruolo dei servizi segreti su quegli agenti che qualche giorno prima della morte si presentarono a casa sua per cercare il figlio. "Un uomo deviato dello Stato, così chiamavano faccia da mostro". La verità è nello Stato ripeteva: "Noi diciamo qui questa sera, fuori la mafia dallo Stato". Per 35 anni, Vincenzo Agostino ha lottato, ha manifestato, si è incatenato, ha chiesto di sapere. Lo ha fatto con la moglie Augusta finché è stata in vita. E poi ha continuato da solo fino all'ultimo, chiedendo risposta in ogni sede. Qui, alla conferenza stampa dell'arresto di Messina Denaro. "Noi familiari, l'80% non sappiamo ancora la verità con il perché sono caduti i nostri figli, i nostri parenti. Finalmente si può fare luce su questi delitti".