Da Malpensa alla fuga in Pakistan con la moglie. Intercettato al telefono nel giugno dello scorso anno, un mese dopo la scomparsa della figlia, Shabbar Abbas rivelava: "l'ho uccisa, l'abbiamo uccisa, per l'onore e la dignità". Si era rivolta ai Carabinieri Saman, aveva detto no a un matrimonio combinato dalla sua famiglia e aveva pubblicato questo scatto: un bacio al ragazzo di cui si era innamorata. "Mia figlia è viva", ha sostenuto invece ieri Shabbar, a 10 giorni dal suo arresto, davanti al giudice di Islamabad che deve decidere sulla sua estradizione in Italia. Malgrado le accuse raccolte a suo carico dalla procura di Reggio Emilia, ha detto: "l'hanno rapita i servizi sociali del territorio. Ce l'hanno loro". La seduta è stata aggiornata al 6 dicembre. Mentre qui, a Novellara, nel casolare diroccato a pochi passi dalla casa in cui vivevano gli Abbas, prosegue, dietro questo telo nero, il lavoro dei periti per recuperare il corpo di Saman, ritengono gli inquirenti, ritrovato in una buca profonda oltre 2 metri. Si scava a mano, operazioni delicate condotte da un archeologo forense. Ci vorrà almeno una settimana. Il terreno rimosso sarà setacciato per repertare ogni elemento utile all'indagine. A indicare dove scavare lo zio della ragazza, in carcere a Reggio Emilia insieme a due cugini. Per loro e per i genitori della giovane l'accusa è di omicidio e occultamento di cadavere. Nazia Shaheen, la madre, è l'unica ancora latitante.























