"C'è un mostro dentro di me" dice Alessandro Impagnatiello davanti alla Corte d'Assise durante il controesame della difesa: "Non sono pazzo, ci ho sperato ma non penso di esserlo". Risponde per tutta la mattina al contro interrogatorio delle sue avvocate Samantha Barbaglia e Giulia Geradini che lo difendono nel processo per il femminicidio della compagnia Giulia Tramontano, uccisa il 27 maggio 2003 a Senago in provincia di Milano quando era incinta al settimo mese. La difesa insiste sullo sdoppiamento di personalità anche attraverso i consulenti e alla fine la Corte dispone la perizia psichiatrica. Parla di un paranoico lucido con tratti narcisistici ossessivo-compulsivi lo psichiatra della difesa Raniero Rossetti di un bugiardo patologico che incespica sulle sue bugie. Per la psicologa Silvana Branciforti Impagnatiello ha dei tratti di personalità di tipo paranoide e ossessivo. "Quando si sono insinuati disturbi di personalità hanno incominciato il mare di bugie che lui ha detto, è incominciata insomma a non funzionare più bene". Tra le lacrime ora ricostruisce in aula gli ultimi mesi del suo rapporto con Giulia e la sua scoperta della relazione parallela con la collega di lavoro. "Ero un vaso saturo di bugie e menzogne e non ci ero abituato, era come se fosse strabordato qualcosa che mi mangiava dentro". Piange quando gli chiedono delle coltellate, 37: "Quando l'ho saputo in carcere da un servizio televisivo ha detto o mimato automaticamente il gesto della mano per 37 volte è una cifra spaventosa, soffocante". "Si sottopone alla perizia senza problemi, in modo da avere tutte le risposte che cerca". Che risposte vuole avere? "Di quello che è accaduto perché è accaduto comunque è un ragazzo cioè l'avete visto, un ragazzo normale".