“Insulsa, incapace” oppure “stai meglio in una cucina che dietro una scrivania” o anche “lascia lavorare chi sa farlo”. Insulti beceri che professioniste di qualsiasi settore si vedono rivolgere ogni giorno sui Social. E' un'analisi spietata che traccia il quadro di un Paese retrogrado e sessista quella fatta da Vox, l'Osservatorio italiano sui diritti, con l'Università statale di Milano, quella di Bari, La Sapienza di Roma e ITSTIME della Cattolica di Milano, in occasione della quinta edizione della mappa dell'intolleranza. Degli oltre 506.700 tweet analizzati e destinati al mondo femminile tra marzo e settembre del 2020, la metà conteneva un insulto. Prese di mira non solo per il loro aspetto fisico - mai vengono taciuti appellativi come “cicciona”, “cesso” o peggio ancora - ma l'offesa quest'anno si è estesa alle competenze lavorative con l'obiettivo di sminuire chi lavora in ambiti ritenuti di competenza maschile. Un odio che aumenta all'aumentare delle rivendicazioni femminili. Non solo. Il sessismo online è estremamente aggressivo soprattutto quando i commenti si riferiscono a un fatto di cronaca tragico come un femminicidio o una violenza. Per i sociologi che hanno redatto questo studio, quindi, c'è una corrispondenza diretta tra l'hate speech e l'hate crime, come se il linguaggio d'odio sui social-network legittimasse l'azione.