In mezzo ai boschi, sul costone della collina, si intravedono i tetti delle villette del consorzio Valleverde territorio della Sabina provincia di Rieti. Un complesso residenziale, 200 appartamenti su 25 ettari tra i Comuni di Ascrea e Rocca Sinibalda. Qui, tanti romani avevano deciso di acquistare una seconda casa e proprio qui con il lago negli occhi e le montagne alle spalle, Claudio Campiti aveva scelto di vivere. Unico residente permanente del villaggio. Tra due piloni, lo scheletro della casa mai costruita sventola ancora Consorzio Raus, che vuol dire fuori. La sua dichiarazione di indipendenza su un telone rosso con la scritta nera. Era tutto qui, il mondo dell'uomo che domenica mattina ha sparato contro i vertici del consorzio e ha ucciso: due finestre e una porta d'ingresso, un garage diventato ripostiglio, poco lontano la sua auto, una vecchia Lancia con un finestrino frantumato. Quattro mura al piano terra senza rete fognaria, senza luce ne riscaldamento, qui dentro ha nutrito il suo risentimento contro i membri del consorzio. Solo, senza amici, in conflitto perenne con i residenti. Loro lo accusavano di non pagare le rate dovute, lui denunciava per abusi edilizi. "Lui denunciava una situazione diciamo conflittuale all'interno del consorzio, come se lui subisse dei soprusi. Ma poi, effettivamente, il suo problema era questa abitazione che in realtà non era possibile autorizzare dal punto di vista amministrativo, urbanistico, igienico-sanitario". Una guerra lunga 10 anni fatta di risentimento e solitudine, di lettere e minacce; di attacchi, di rancore ne è pieno il suo blog. Benvenuti all'inferno, scriveva. Un inferno. Così definiva il consorzio, quell'inferno che forse aveva dentro e che lo ha consumato ogni giorno un po' di più.























