Le mutilazioni genitali femminili sono una violazione dei diritti delle bambine e delle ragazze e possono avere serie conseguenze per la salute e persino la morte. Le ragazze vittime di mutilazioni genitali sono esposte a maggiore rischio di matrimonio precoce, a dispersione scolastica, minacciando la loro possibilità di costruire un futuro migliore per loro stesse, per le famiglie e per le comunità. Dobbiamo fare presto per evitare di perdere terreno nella lotta per porre fine alle mutilazioni genitali femminili. Questo è l'appello lanciato da Nankali Maksud, Unicef senior advisor per la prevenzione di pratiche dannose. Secondo gli ultimi dati disponibili, almeno 200 milioni di ragazze e donne hanno subìto mutilazioni genitali. A causa della pandemia ulteriori 2 milioni di ragazze potrebbero essere a rischio entro il 2030, con una riduzione del 33% dei progressi compiuti per porre fine a questa pratica dannosa. Circa una donna su quattro che ha subìto mutilazioni genitali è stata sottoposta alla pratica per mano di personale sanitario, il che indica una crescita nella medicalizzazione della pratica stessa. In alcuni paesi le mutilazioni raggiungono il 90% delle ragazze, come in Gibuti, Guinea, Mali e Somalia e spesso sono eseguite su bambine molto piccole riducendo la possibilità di intervenire. Negli ultimi tre decenni in Kenya l'età media si è abbassata da 12 a 9 anni. Le molteplici crisi che si sovrappongono, l'aumento della povertà, la disuguaglianza e i conflitti mettono milioni di ragazze a rischio. Negli ultimi due decenni però la percentuale di donne e ragazze nei paesi ad alta incidenza che si oppongono a questa pratica è raddoppiata. Per raggiungere l'obiettivo globale dell'eliminazione di queste pratiche entro il 2030 bisogna garantire a queste donne l'accesso all'istruzione, all'assistenza sanitaria e all'occupazione.























