Virus, le criticità della giustizia nella fase 2

01 giu 2020
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La salvaguardia dei diritti dei cittadini tutti da una parte, quella della tutela della salute dall'altra, riuscire a coniugare le due esigenze è la sfida che la giustizia deve affrontare in una fase 2 in cui i tribunali riaprono, ma restano perlopiù vuoti in cui i processi, quando possibile, si celebrano da remoto, ma nella gran parte degli altri casi vengono rinviati e in cui anche le inchieste partono a rilento. Già fuori dai palazzi di giustizia sono visibili i segnali di una nuova normalità, dettata dall'emergenza che durerà ufficialmente fino al 31 luglio, a Milano come nel resto d'Italia si entra solo con la mascherina per comprovate ragioni e soprattutto dopo aver rilevato la temperatura corporea. I tribunali, insomma, si riorganizzano fuori e dentro, dopo un lock down che ha causato un drastico rallentamento nei tempi della giustizia, già di per sé non sempre ragionevoli. Abbiamo iniziato già dalla prima fase nei mesi di marzo e aprile a sperimentare il processo da remoto, in questo successiva fase 2 dobbiamo riprendere un'attività giudiziaria in maniera un po' più ampia e quindi necessariamente faremo anche udienze in presenza, perché la gestione da remoto presenta delle criticità sia sotto il profilo normativo che sotto il profilo pratico. Intorno sta criticità si sono concentrate le proteste degli avvocati nelle ultime settimane, a rivolgersi al ministro della giustizia nelle ultime ore anche il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Milano, che chiede di emanare norme specifiche e adeguate a garantire il funzionamento e la riattivazione della giustizia, delibera che fa seguito alle numerose proteste susseguitesi a Roma dove simbolicamente gli avvocati si sono spogliati della toga e in altre sedi giudiziarie per ribadire la necessità di far ripartire la macchina della giustizia, perché al momento ogni ufficio giudiziario ha stabilito autonomamente le proprie linee guida, generando un forte disorientamento e perché rischiare c'è anche la tenuta di molti studi legali. Se si fermano gli studi legali vuol dire che si è fermata la giustizia, se si è fermata la giustizia vuol dire che questa giustizia evidentemente è meno importante dell'estetica, penso ai parrucchieri, è meno importante di altre attività, diciamo, ludiche tipo i campionati di calcio. Da nord a sud si studiano alternative e possibili soluzioni per esempio, spalmare le udienze su orari più estesi, utilizzare gli enormi spazi all'interno di molti tribunali, come gli androni, per celebrare le udienze. Sono tutte cose che si fanno nella emergenza, ma nell'emergenza, insomma, ci si dimentica però un attimo dei diritti acquisiti e credo che si possa spalmare molto lavoro in più di quanto fino adesso si fa. Tutto con un unico obiettivo. Dobbiamo tornare nelle aule, bisogna adottare l'attività pre-udienza di tutti quei presidi, di attenzioni che consentano di far sì che non si creino affollamenti e tornare nelle aule come in tutto il resto del paese la gente torna all'interno del luogo di lavoro.

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