Pasta, olio d'oliva, formaggi, salse e vino. Sono questi prodotti da tavolo del Made in Italy che rischierebbero di più coi nuovi dazi voluti da Donald Trump. Tasse alla dogana che li renderebbero più cari per i consumatori americani che, quindi, potrebbero decidere di acquistarne meno, riducendo le vendite dei nostri produttori. Per capire di cosa parliamo, facciamo un esempio. Si calcola che con tariffa aggiuntiva al 20%, un chilo di grana padano subirebbe, una volta sbarcato negli Stati Uniti, un prelievo di quasi 6 euro, contro i 2,40 attuali. La tariffa maggiorata probabilmente finirebbe per alzare i prezzi al supermercato, e Coldiretti stima che complessivamente, gli americani dovrebbero spendere 1,6 miliardi in più per comprare cibo italiano. Non si può sapere quanti rinunceranno o ridurranno gli acquisti. Le varie associazioni dell'agroalimentare sono però allarmate e temono un calo delle esportazioni, con ricadute anche sui lavoratori occupati: Federalimentari stima una diminuzione di 7-800 milioni, cioè una perdita di circa il 10 % rispetto a quanto si è venduto l'anno scorso negli Stati Uniti. Per quanto sia uno dei nostri simboli più noti nel mondo, non parliamo in effetti del settore più esposto ai dazi a stelle e strisce. Negli ultimi anni l'export è cresciuto, ma di tutto quello che vendiamo negli Stati Uniti, prodotti agricoli e alimentari rappresentano poco meno del 12%, per un valore di circa 7,8 miiardi nel 2024. Ciò non toglie che le ricadute potrebbero essere pesanti, soprattutto per i comparti, come ad esempio quello del vino, che fanno molto affidamento sull'America. Inoltre, per quanto molti prodotti non siano sostituibili, si teme che i rincari possano incrementare le imitazioni, con ricadute negative di lungo periodo. .