Diventa più concreta l'ipotesi che l'Italia non riesca a tagliare in tempo il traguardo del PNRR, cioè spendere entro giugno 2026 tutti i soldi che l'Europa ci ha dato e ci darà. Manca poco più di un anno e la Corte dei Conti osserva come potrebbero esserci difficoltà nel centrare l'obiettivo finale. Del piano comunitario all'Italia spetta la fetta più grande: 194,4 miliardi Finora, fa sapere la cabina di regia del governo sul piano anticrisi, dei 122 miliardi ricevuti ne abbiamo utilizzati poco più della metà. Il che vuol dire che rispetto al totale dei finanziamenti chiesti, ne sono stati spesi circa un terzo. In 15 mesi dovremmo utilizzare qualcosa come 130 miliardi. Un'operazione che, visti i tempi coi quali abbiamo marciato fin qui, appare complicata, rendendo plausibile l'ipotesi che il governo chieda a Bruxelles aggiustamenti o una proroga. Servirebbe una potente accelerazione per superare le diverse criticità segnalate dalla magistratura contabile nella sua ultima relazione. A fronte dei progressi su alcuni capitoli, ce ne sono altri che procedono più lentamente. È quanto rilevato per i progetti di Inclusione, Istruzione e Salute. Per il primo, che punta fra l'altro a migliorare il mercato del lavoro, si è speso l'11% delle risorse complessive previste. Per gli investimenti per scuole e università siamo invece a un quarto dei finanziamenti totali, mentre si scende al 14% per gli interventi per la Sanità. Fra i progetti a rilento su alcuni è stato acceso un faro da tempo. È il caso dei 150mila nuovi posti negli asili nido, delle opere contro le alluvioni o delle case di comunità, strutture pensate per snellire il flusso negli ospedali. .