Potrebbe esserci all'orizzonte un nuovo cantiere sul lavoro precario, cambiamenti di regole che riguardano innanzitutto i contratti a tempo determinato che a causa dell'emergenza sanitaria hanno già subito dei ritocchi, con un allargamento delle maglie che però, e non è un gioco di parole, è a termine. Con l'obiettivo di evitare un aumento vertiginoso della disoccupazione, fino al 30 agosto sono stati allentati alcuni limiti. La novità principale è che i contratti esistenti al 23 febbraio possono essere rinnovati senza mettere nero su bianco il motivo cioè non serve la causale introdotta nel 2018 con decreto dignità fortemente voluto dai 5 stelle. L'impresa, quindi non deve giustificare perché vuole la proroga e ora nel Governo si discute se estendere questa deroga anche ai nuovi contratti temporanei, che potranno essere stipulati e che adesso invece continuano a dover prevedere la causale. A spingere per un intervento di questo tipo sono soprattutto quei settori come quello turistico e dei trasporti, che tradizionalmente fanno largo uso del lavoro a tempo, ma c'è anche la necessità di arginare la fame di occupazione che potrebbe crescere nei prossimi mesi. Tra marzo e aprile, quando molte attività erano state sospese si sono persi quasi 400 mila posti, nonostante l'uso massiccio della cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti. L'emorragia è stata alimentata soprattutto dai lavoratori a termine, ad aprile in 129 mila non hanno ottenuto il rinnovo. I sindacati hanno chiesto al Governo di allungare la proroga senza causale il divieto di licenziare e la cassa integrazione. Sono invece contrari ad un uso più ampio dei voucher, i buoni per lavori saltuari, che soprattutto le aziende agricole e gli albergatori, uno dei settori in ginocchio, vorrebbe sfruttare di più. Ma che, dopo le polemiche e le riforme degli anni scorsi sono rigidamente limitati. Si possono infatti impiegare solo in ambiti molto ristretti, come per esempio la vendemmia, e le ripetizioni scolastiche e sono riservati a pensionati, studenti e disoccupati o a chi vive di sussidi.