Una nuova vita ricostruita in Francia e un debito con la giustizia italiana, che dopo 40 anni bussa alla porta. Un'operazione congiunta delle polizie dei due paesi, organizzata da tempo, voluta dall'Eliseo, senza più indugi e tentennamenti, anche perché la prescrizione, in alcuni casi, era incombente. Dei sette ex terroristi rossi arrestati a Parigi, tutti pensionati o quasi, in alcuni casi sposati con figli, in quattro devono scontare una condanna all'ergastolo. Tutti i condannati in via definitiva per atti di terrorismo commessi nel nostro paese negli anni 70 e 80. E adesso? cosa succederà? Inizia il difficile e tortuoso iter dell'estradizione. Si inizia in queste ore, con un giudice della Corte d'Appello che dovrà decidere se prolungare la detenzione o concedere ai sette gli arresti domiciliari. In seguito, ogni caso sarà esaminato dalla stessa corte che emetterà sentenze che potranno essere impugnate presso la Cassazione. Solo a quel momento, esauriti tutti i ricorsi, tocca firmare o meno i decreti di estradizione. E la volontà politica di Macron sembra ormai chiara. Ma dopo saranno possibili ricorsi al Consiglio di Stato e persino alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Insomma, perché gli ex terroristi rossi possano essere consegnati alla giustizia italiana, ci potrebbero volere anche 3 anni. Una svolta che si attendeva da decenni ma perché proprio adesso? La risposta è del nostro Ministro della Giustizia, Marta Cartabia: "Abbiamo premuto sul fattore tempo, a fronte del rischio di ulteriori imminenti prescrizioni" ha detto "Abbiamo ricordato la legittima richiesta di giustizia dei familiari delle vittime e abbiamo voluto chiarire, una volta per tutte, che stiamo parlando di persone che non sono state processate per le loro idee politiche ma per le violenze commesse e l'Italia li ha processati nel pieno rispetto delle garanzie difensive previste dalla Costituzione".