Lo descrivono “furioso” il Presidente. Nella telefonata di mezz'ora con il Primo Ministro è stato dato un vero e proprio ultimatum. Cambiamenti reali nel giro di ore o al massimo giorni, cose come un enorme aumento degli aiuti umanitari e la riduzione della violenza su civili e cooperanti. Altrimenti gli Stati Uniti minacciano, per la prima volta, di mutare atteggiamento nei confronti di Israele. Biden parla con Netanyahu dopo l'attacco di Gaza nel quale sono stati uccisi sette operatori umanitari, e dopo mesi di vane pressioni diplomatiche rende chiaro, all'alleato mediorientale, che la misura è colma. Non vogliamo solo annunci ma passi misurabili, specifici e concreti, avverte Washington. Essenziale è il cessate il fuoco, quindi il Primo Ministro deve concludere un accordo per riportare a casa gli ostaggi senza ulteriori ritardi. Certo il sostegno dell'America all'autodifesa di Israele resta incrollabile ma si sottolinea che deve cambiare il modo in cui Israele si difende. Il Segretario di Stato Blinken lo dice chiaramente: Israele non è Hamas, ma una democrazia e come tale deve avere a cuore tutte le vite umane. Se perde questa attenzione, conclude, diventa indistinguibile dai terroristi. La politica americana dipenderà dunque dalla valutazione di queste azioni. Significa niente più assegni in bianco, non solo politicamente parlando. In ballo c'è una maxi-fornitura di cacciabombardieri F15 del valore di 18 miliardi. Per legge la vendita di armi all'estero deve essere approvata dal Congresso e il Presidente, che finora ha cercato senza successo di tenere insieme il sostegno a Israele con la solidarietà al popolo palestinese, per non scontentare nessuno a pochi mesi dalle elezioni, potrebbe usarlo come leva per convincere Netanyahu.