"Interpreto in queste ore l'angoscia di tutti per la detenzione di Cecilia Sala". Anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella nel discorso di fine anno ricorda il caso della giornalista italiana arrestata a Teheran lo scorso 19 dicembre. E' al centro di una trattativa che vede in prima fila Washington. La sua liberazione dal famigerato carcere di Evin dipende infatti dagli sviluppi della vicenda che coinvolge l'ingegnere iraniano arrestato il 16 dicembre a Malpensa, detenuto nel carcere milanese di Opera e sul quale pende richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti perché accusato di essere coinvolto nell'attacco con un drone che in Giordania uccise tre soldati americani. L'Iran chiede dunque la scarcerazione di Mohammad Abedini Najafabadi che intanto attraverso il suo legale afferma di essere completamente estraneo ai fatti. Entro il 2 gennaio la Corte d'Appello di Milano dovrà fissare l'udienza per decidere sulla richiesta dei domiciliari decisione sulla quale pesa però la contrarietà di Washington dove si teme che il 38 enne iraniano una volta scarcerato faccia perdere le proprie tracce. Ma che potrebbe rappresentare una svolta nel caso di Cecilia Sala, considerata come pedina di scambio nella trattativa. Quella italiana è una strada diplomatica con il supporto dei Servizi di Intelligence che appare complessa e delicata come ha ammesso lo stesso Governo. Mentre è ipotizzabile che il prossimo 9 gennaio quando a Roma è prevista la visita del Presidente americano Joe Biden, la vicenda di Cecilia Sala sarà discussa con il Capo della Casa Bianca durante gli incontri istituzionali previsti. Sarà l'ultimo appuntamento dell'Italia con Biden prima dell'avvento dell'era Trump, la cui amministrazione subentrerà nelle trattative se non sarà possibile riportare la giornalista italiana in patria attraverso la sua espulsione dall'Iran, ipotesi questa che, considerando le accuse estremamente generiche sulle quali Tehran ha annunciato di aver aperto un'inchiesta sembra essere al momento quella più concreta.