La fonte è il Dipartimento Generale dei Media Esteri del Ministero della Cultura e dell'Orientamento islamico dell'Iran, ossia l'organo il cui compito è rappresentare e promuovere l'immagine dell'Iran all'estero attraverso i media diffondendo le politiche culturali e ideologiche del Governo iraniano. Insomma, di certo non è Ministro della Giustizia o il tribunale di Teheran. Il dispaccio diffuso recita: Cecilia Sala è stata arrestata per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell'Iran. In altre parole tutto e nulla. Non è il capo di imputazione che ancora non è stato formalizzato nei confronti della giornalista italiana, prelevata dalla Polizia il 19 dicembre dalla camera d'albergo nel quale soggiornava. Ufficialmente, dunque, nei confronti di Cecilia Sala, non c'è ancora alcuna contestazione formale. Domenica in un incontro con l'ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amadei, il Viceministro degli Esteri del Governo iraniano ha detto che ancora non c'era un reato ascritto alla Sala. Si spiega così la presenza del Governo italiano in questi giorni nel dare notizie sulla vicenda. La trattativa è molto delicata e non è facile. Cecilia Sala sembrerebbe essere una pedina in una partita molto più grande che coinvolge l'ingegnere svizzero iraniano, arrestato all'aeroporto di Malpensa, su mandato di cattura internazionale spiccato dalla Corte suprema di Boston. Vicenda che sarebbe stata affrontata anche dal Viceministro iraniano a colloquio con la nostra ambasciatrice e rappresentante del Governo di Teheran avrebbe ipotizzato la liberazione della giornalista a patto che l'ingegnere svizzero iraniano non venga estradato negli Stati Uniti. Una triangolazione Roma-Teheran-Washington dunque, che vede la Casa Bianca ferma nel chiedere la liberazione di tutti i cittadini stranieri detenuti dall'iran come leva politica, Teheran immobile nella richiesta di scarcerazione del suo cittadino e un'Italia in mezzo a questa delicata partita.