La giornata era partita con la cautela della Cancelliera Merkel, dubbiosa sulla possibilità di raggiungere un accordo, ed era continuata con ore e ore di incontri in formato ristretto, con i Presidenti di Consiglio europeo e Commissione, Michel e von der Leyen, a tentare di mediare. Lasciata sullo sfondo la questione dello stato di diritto, è di fatto risolta con la disponibilità ad un compromesso, la querelle tra Olanda e Italia sul controllo dell'avanzamento delle riforme, lo scontro perché di vero scontro si è trattato, si è concentrato sulla dimensione del Recovery Fund, ma soprattutto sulla quota di sussidi, che nella proposta originaria arrivava a 500 miliardi. Cifra troppo alta per i cosiddetti frugali, non disposti a concedere più di 350 miliardi. Meno, dunque, della soglia minima di 400 miliardi, considerata accettabile dai Paesi del sud Europa, dalla Francia e dalla Germania. Per lunghissime ore lo stallo è su una differenza di soli 50 miliardi, cifra irrisoria se si pensa alla dimensione del PIL europeo. Ma i frugali alzano ancora di più la posta, chiedendo sconti sulle proprie contribuzioni al bilancio di Bruxelles, per 25 miliardi. Posizioni irrigidite, che tradiscono da un lato la convinzione che alla fine Italia e Spagna abbiano troppo bisogno di soldi per far saltare il banco e dall'altro la volontà di segnare un'importante vittoria politica dei piccoli, rispetto a Francia e Germania, rovesciando gli assetti di potere dell'Unione. E mentre il Presidente Michel invitava alla responsabilità, invocando il rischio che uno strappo avrebbe svelato il volto di un'Europa debole, il Premier Conte sferzava il collega olandese Rutte; “Se salta l'accordo, potrai forse essere eroe in patria per qualche giorno, ma dopo poche settimane dovrai rispondere ai cittadini europei per aver distrutto il mercato unico.