Si chiama Rodong ed è simile a questo, probabilmente un modello solo un po’ più nuovo, forse modificato. È un missile di media gittata, non intercontinentale, capace di compiere fino a 1.500 chilometri. È stato lanciato alle 7,55 (le 23,55 di ieri notte in Italia) dalla base aerea di Banghyon. È arrivato a una latitudine di 550 chilometri, viaggiando per altrettanti 500, prima di cadere nel Mar del Giappone. “Poteva colpire la Corea del Sud e il Giappone stesso”: il messaggio di Kim Jong-un è chiaro. La notizia arriva negli Stati Uniti mentre il Presidente Trump è a cena proprio con il Premier nipponico, Shinzo Abe in Florida. Immediata la condanna di entrambi: “assolutamente intollerabile”, il commento di Abe; “siamo al fianco del Giappone al cento per cento”, quello di Trump. Anche il Ministero degli Esteri sudcoreano condanna il nuovo test missilistico, definendolo non solo una violazione esplicita e chiara delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma anche una grave minaccia per la pace e la stabilità della penisola coreana e la comunità internazionale. Nel suo discorso di Capodanno, il leader nordcoreano, Kim Jong-un, aveva detto di essere pronto a lanciare un missile balistico intercontinentale, pronto dunque a colpire gli USA, dopo i due test nucleari portati a termine nel 2016. L’Amministrazione Trump si aspettava una provocazione del genere: “this was no surprise, nessuna sorpresa”, avrebbero commentato fonti americane. Tanto che Washington starebbe già prendendo in considerazione tutta una serie di opzioni per dare una risposta a Pyongyang, tra cui nuove sanzioni per aumentare i controlli finanziari, un incremento delle attività navali e aeree degli Stati Uniti intorno alla Penisola coreana e l’installazione di nuovi sistemi di difesa missilistica proprio in Corea del Sud.