Dopo lo scoccare ufficiale della tregua tra Israele e la Jihad islamica palestinese, sono proseguiti lanci di razzi dalla striscia di Gaza e raid israeliani di risposta. Il cessate il fuoco mediato dall'Egitto dopo il terzo giorno di intensa ostilità, non è stato rispettato e le sirene di allarme hanno ripreso a suonare nel sud di Israele. A far capire, nel pomeriggio, che qualcosa si stava muovendo verso un possibile cessate il fuoco le dichiarazioni del premier israeliano Lapid: gli obiettivi dell'operazione Breaking Dawn, aveva detto, sono stati raggiunti; avvertendo tuttavia che in caso di violazioni lo Stato di Israele si riserverà il diritto di rispondere con forza. Poi il comunicato della Jihad che ha confermato l'accordo minacciando però di riprendere il lancio di razzi se le autorità israeliane non si fossero attenute ai termini della tregua. Punto decisivo dell'accordo l'impegno de Il Cairo per il rilascio di prigionieri appartenenti alla Jihad Islamica tra i quali Bassam al Sahadi arrestato in Cisgiordania dall'inizio di agosto; il suo arresto era stato uno dei fattori scatenanti della recente escalation di ostilità tra Israele e la Jihad; mentre sul campo si continuano a contare vittime e danni. Dall'inizio dell'operazione la JIhad Islamica ha lanciato verso Israele circa 800 razzi di cui 180 sono ricaduti all'interno della striscia, dove solo nella giornata di ieri invece gli attacchi israeliani hanno colpito un centinaio tra postazioni della Jihad, tunnel, siti di lancio di razzi e diversi palazzi residenziali. Nel mirino del gruppo, considerato organizzazione terroristica da Stati Uniti Unione Europea e Israele e finanziato dall' Iran, sono finite per la prima volta le aree di Gerusalemme e Tel Aviv e nonostante sia tornato il silenzio sulla striscia di Gaza le prossime ore saranno fondamentali per sapere se il cessate il fuoco può reggere e porre fine l'escalation di violenza.