Una domenica segnata ancora una volta dal sangue. Un massacro che in pochi istanti ha riportato l’Egitto militarizzato di Al-Sisi nell’incubo del terrorismo del Califfato nero, a sole tre settimane dalla visita del Papa e in una giornata fortemente simbolica per tutto il mondo cristiano. Due chiese copte a Tanta e Alessandria. Almeno 45 morti e 118 feriti. È questo il tragico riassunto in queste due città egiziane dove si stava celebrando il rito cattolico che precede l’inizio della settimana santa. Due città e due dinamiche apparentemente diverse, ma con un unico obiettivo: uccidere. La prima nella chiesa Mar Girgis di Tanta, sul delta del Nilo, dove circa 2.000 persone erano raccolte in preghiera. In un attimo si è scatenato l’inferno. Un’esplosione vicino all’altare ha, infatti, fatto saltare l’edificio e distrutto i banchi. Al posto dei fedeli, decine di corpi senza vita sul pavimento bianco macchiato di sangue e, intorno, i lamenti dei feriti. In un primo momento si è pensato a una bomba azionata a distanza, ma dopo il ritrovamento dei resti dilaniati di un uomo, l’ipotesi di un kamikaze è diventata un’amara constatazione. Erano appena le 10 del mattino e, mentre il bilancio delle vittime a Tanta saliva, ecco la notizia di un secondo attacco, questa volta ad Alessandria, capitale della chiesa copta, sul sagrato della chiesa di San Marco. Quando il terrorista si è trovato davanti gli addetti alla sicurezza è tornato indietro, si è avvicinato al metal detector e si è fatto esplodere nei pressi dell’entrata. Almeno 18 i morti e una quarantina i feriti. Il patriarca copto Teodoro II, capo di 8 milioni di cristiani egiziani, aveva appena finito di celebrare la messa. Immediata la rivendicazione dell’Isis, come del resto la condanna degli atti di violenza da parte del Governo egiziano e di tutta la comunità internazionale che, usando le parole di Teodoro II, ha già detto: “Non ci faremo intimidire”.