Espulsa da Londra nonostante vivesse da 20 anni in Uk

01 mar 2017
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Vivere in Gran Bretagna, legalmente dal 1988, essere sposata con un suddito di Sua Maestà, felicemente, o almeno ininterrottamente, dal 1990, aver avuto con lui due figli e aver visto nascere il primo nipote: tutto questo non conta nella Gran Bretagna di Theresa May. E non a caso alcune leggi in materia portano proprio la sua firma. Non conta in un Paese che ha deciso di avere paura anche di una moglie, mamma e nonna, originaria di Singapore, colpevole di aver passato nel suo Paese di origine troppo tempo, perdendo così diritto al suo visto di moglie e di essere sposata a un uomo non sufficientemente ricco. Espulsa domenica: “Mi hanno trattata come fossi una terrorista, come se potessi scappare” racconta, ormai a Singapore, Irene Clennel. Nella sua vecchia patria non ha più niente e nessuno; in tasca poco più di 10 euro, con sé, neanche un cambio d’abito. Anche per questo la cognata ha creato una raccolta fondi on line. Il commento più diffuso “non in mio nome”: per aiutarla, fintanto che sarà lontana, per pagare le spese legali, per la richiesta di un nuovo visto. “Non capisco perché diciate che non ne ho diritto. Voglio dire – scandisce – come mi è stato dato all’inizio? Perché ero sposata e sono ancora sposata alla stessa persona, abbiamo avuto due figli. Perché – la sua incredulità – questa regola non dovrebbe applicarsi ora? Cosa c’è di diverso?” Di diverso probabilmente c’è il clima nel Paese e nel Governo, perché questa è sì una storia vecchia di anni, ma l’espulsione non aveva mai fatto paura, almeno fino ad oggi. Come se cacciare le Irene di Gran Bretagna fosse la chiave per una nuova stagione di grandezza, con una visione del futuro fotografata dalle parole di Boris Johnson davanti agli imprenditori: “Ricordiamo il vecchio adagio: se mercati e servizi non superano le frontiere, lo faranno soldati e carri armati”: detto dal Ministro del Paese che a breve uscirà dal mercato unico per la volontà di denunciare la libera circolazione. Paradossi che però non possono certo consolare Irene o la sua famiglia. John, il marito, non è autosufficiente: era Irene a prendersi cura di lui. Ora è solo e preoccupato: “Abbiamo fatto vari tentativi ma continuano a rifiutarle il visto e non sappiamo perché”, dice. Ha scritto anche alla May, lui, chiedendole un intervento. La risposta di Downing Street: “su dossier del genere non interferiamo”.

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