Europee Lettonia, si convive con la paura di Mosca

22 mag 2019
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Ci sono confini così, improvvisi, inaspettati, sempre un po' tetri, come questo tra Lettonia e Russia. Una recinzione leggera, all'apparenza esile, ma il filo spinato e il pattugliamento evocano comunque divisione, paura, avvertimento. Le forze NATO sono presenti e cospicue qui, ma in ogni caso come un simbolo, anche fisico, che demarca e segna il territorio europeo ecco ultimati da poco i primi 90 km di recinzione per controllare i 276 km condivisi con la Russia. Ovviamente non è solo il nostro confine, ma anche il confine esterno dell'Europa e deve essere sicuro. Ci sono anche motivi pratici, bloccare i trafficanti. Indipendente dalla Russia dal 1991, membro dell'Unione europea e della NATO dal 2004, nell'euro dal 2014, la Lettonia rivendica con orgoglio il suo essere europea e vive a volte con apprensione e diffidenza la prossimità con l'ingombrante vicino. Dopo l'annessione della Crimea e la crisi ucraina del 2014 il timore di un'aggressione militare da parte della Russia si è insinuato ed è cresciuto nella società. Come mai la Lettonia, a differenza della Lituania, ha scelto di non rendere obbligatorio il servizio militare? Ci siamo mossi verso un esercito di professionisti volontari, ma dal 2014 è molto cresciuta la Guardia nazionale. Come funziona la Guardia nazionale? Parliamo di un servizio volontario che tutti i cittadini possono decidere di frequentare, giovani e meno giovani. Prevede dei periodi regolari di training, di tre, sei, otto mesi. Si tratta di un training limitato, ci si esercita a usare armi leggere. Sono funzioni di supporto supplementari a quelle di un esercito. Non possiamo escludere la possibilità che la Russia possa invadere la Lettonia o altri Paesi della NATO, sebbene attualmente le possibilità siano basse. Non penso che la Russia possa attaccarci in un immediato futuro, ma credo che ci siano molti altri mezzi per colpirci. La vera minaccia ora è un'altra. Di armi diverse, meno visibili ma più insidiose si occupano gli strateghi del Riga NATO StratCom Centre. Questo è il quartier generale della Cyber Security lettone, di un bianco abbagliante, nel mezzo di un incrocio non si può non vederlo. Sembra un piccolo fortino e lo è. Telecamere e controlli accurati affidati ai militari della NATO. Qui si combatte una guerra moderna, i nemici, le fake news, la propaganda e le disinformazioni russe che mirano a condizionare e influenzare la società lettone. Penso che il rischio militare sia veramente basso, la Russia non ha un interesse nell'immediato di intervenire. Certo, noi non possiamo sapere come evolverà il futuro. Loro sono pronti a sfruttare la possibilità e le nostre vulnerabilità. Perché la Lettonia è un terreno fertile per la propaganda e per la disinformazione russa? Innanzitutto la vicinanza fisica alla Russia. Il fatto di essere confinanti favorisce questo fenomeno. La seconda cosa è che tutti qui conoscono il russo e soprattutto la minoranza russofona, quella che ascolta la televisione, i telegiornali russi, che interpretano come vogliono la realtà. Questo rende la Lettonia un bersaglio privilegiato della propaganda e della disinformazione russa. Siamo consapevoli di essere l'area più esposta in Europa. La stessa cosa ci ripete Māris Cepurītis: combattiamo una guerra asimmetrica. Noi agiamo in un contesto democratico di informazione, la Russia no. Se chiudiamo uno dei loro canali TV tutti ci accusano di limitare la libertà di parola. Ma questa non è libertà di parola, è libertà di menzogna. Stretta tra Europa e Russia, nuove generazioni figlie della libertà e una forte minoranza russa spesso nostalgica, la Lettonia deve fronteggiare da anni lo spopolamento. Le condizioni economiche sono migliorate, il PIL è triplicato, ma chi può va a lavorare altrove. Dall'ingresso in Europa un quinto della popolazione è emigrato verso i Paesi più ricchi dell'Unione. Lo stipendio medio mensile qui è di 700 euro. Prima non dovevamo preoccuparci di nulla, avevamo servizi migliori. Ora tutto è più costoso, soprattutto i prezzi del mangiare sono alti, non si riesce a vivere. I miei figli vivono all'estero. Tutti se ne vanno da qui, perché va sempre peggio. Molte grandi aziende hanno fallito e le persone cercano lavoro all'estero. Ma l'Europa non è una grande opportunità per il Paese o è proprio questo il problema? Sì, può essere anche questo il problema. Ma non per tutti è lo stesso. Per qualcuno rappresenta una grande opportunità, per altri maggiori difficoltà quotidiane. Nel Latgale, Regione rurale poverissima, verso il confine russo, gli stipendi crollano a 350 euro al mese ed è lì che andiamo attraversando campagne desolate, superando cascine deserte. E la periferia di Daugavpils, il capoluogo della Regione, ci accoglie così. Buongiorno signora, lei abita qui? Ecco, laggiù, insieme ad altre tre famiglie. Ma com'è la sua vita, vive bene? Insomma, così così. Tutto costa troppo. Non mi lamento, ma la vita non è semplice. Mi bastano 300 euro. Lei ha una pensione di 300 euro al mese? Sì, macchè! Magari, sarei ricca. No, la mia pensione è di 130 euro al mese. E prima che lavoro faceva? Lavoravo in una fabbrica di armi era laggiù, dietro le case. Guadagnavo 300 rubli. Com'era la sua vita, migliore? Mamma mia, sì eccome! Bellissima. Tutto costava poco. C'era lavoro, non avevamo preoccupazioni. Vivevamo senza difficoltà. La vita era divertente, ma soprattutto ero giovane. Lubova, detta Luba, appartiene alla minoranza russofona, parla solo russo. L'Europa per lei è qualcosa di lontano, indistinto, che non la riguarda. Non fa che raccontare dei tempi passati sotto l'Unione Sovietica. È rimasta a vivere qui, dove è sempre stata. Abita con il figlio che l'aiuta economicamente. L'altro vive e lavora in Germania. Lei non ha mai pensato di andarsene. "Questa è casa mia, dove vuoi che vada" mi ripete. E come lei tante altre donne, mogli e madri, sono rimaste qui, mentre mariti e figli cercano fuori una vita migliore. L'Unione europea ci aiuta a migliorare la vita quotidiana. La diaspora lettone all'estero è probabilmente il prodotto aggiuntivo di questa politica europea. Grazie all'Europa possiamo migliorare la nostra vita. Leggevo anche delle frasi un po' allarmanti, ovvero "stiamo sparendo come Nazione". C'è questo rischio veramente? L'Unione europea ci ha dato nuove prospettive nel futuro. Le persone viaggiano, si muovono, fanno esperienza, poi ritornano, è normale. Non drammatizzerei. È fisiologico. L'importante è non perderle per sempre. Cioè l'importante è non perdere poi i giovani, no, che vanno fuori e non tornano più. Esattamente. Infatti abbiamo programmi finalizzati per far tornare indietro sia i giovani che gli adulti e stanno avendo successo. L'anno scorso sono tornate 400 persone nella seconda metà dell'anno. "Back home to Latvia" è la parola chiave che si sente ripetere spesso. Contrastare lo spopolamento è diventata una delle priorità nazionali. È il prezzo pagato all'ingresso in Europa, dovuto alla grande differenza tra i nostri stipendi e quelli degli altri. Il gap è molto forte. Stiamo pagando questo prezzo, la perdita della popolazione. Soffriamo di carenza di manodopera, abbiamo pochissimi medici, ma soprattutto gli imprenditori non hanno lavoratori. È un problema per chi vuole intraprendere un business. Lo sforzo collettivo sta dando i suoi frutti. Molti giovani tornano qui per mettere su una loro attività, come ha fatto Romanz che dopo 18 anni all'estero ha aperto qui il suo bistrot. E non tutti gli universitari scappano per studiare fuori. L'Europa? Personalmente per me è casa. È viaggiare, avere amici, avere scambi di informazioni. È la mia casa. Chi critica l'Europa non capisce quanti benefici riceve ogni giorno per il fatto di essere un europeo.

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