6:29 del mattino, sorge l'alba dove il 7 ottobre 2023 si svolgeva il festival musicale Supernova, ora lì c'è un memorial per le 364 persone uccise dall'invasione di Hamas del 7 di ottobre nel territorio israeliano. Sotto le foto delle vittime, piantate dei familiari ancora in lacrime, ci sono degli anemoni, i fiori simbolo della primavera del deserto israeliano. Ma a un anno dall'evento più traumatico della storia di Israele la rinascita sembra ancora lontana. E le domande restano molte: perché l'esercito non è intervenuto immediatamente una volta ricevuto l'allarme? Questo si chiedevano ancora sbalorditi i residenti di Nir Oz, un kibbutz dove un quarto della popolazione è rimasta uccisa o presa ostaggio dentro Gaza. Le forze israeliane sono arrivate sul posto due ore dopo che l'ultimo miliziano di Hamas era andato via. Eppure molte sentinelle dell'esercito stazionate a pochi chilometri dal kibbutz avevano lanciato ripetuti allarmi nei giorni precedenti ma nessuno sembrava averle ascoltate. "Hanno lasciato mia figlia morire", denuncia il padre di una di queste, alla contro-cerimonia di commemorazione di Tel Aviv, organizzata insieme a quelle di Nir Oz e di Be'eri per boicottare le cerimonie di Stato, tenutesi invece a porte chiuse ad Ofakim. Una condivisione popolare ed intensa, marginalmente sfociata in una protesta spontanea davanti alla casa del Primo Ministro per chiedere un accordo per la liberazione degli ostaggi. 1.139 israeliani, di cui 800 civili, furono uccisi il 7 di ottobre. 250 persone, vive o morte, prese ostaggio da Hamas. I suoni fortissimi della guerra ancora in corso erano perfettamente udibili da Nir Oz e dal Supernova festival ma nessuno sembrava notarli.