"E ora dopo il Summit abbiamo proposto e abbiamo concordato di portare avanti il nostro lavoro comune a un livello più tecnico, un livello di consiglieri, di ministri In format di incontri speciali. Tutti questi passi vanno verso una pace giusta". Una porta aperta a nuovo summit, ma anche una porta aperta al dialogo con la Russia che da lontano manda messaggi di disponibilità conditi da sottili minacce, quel che salta agli occhi della conclusione del vertice di Lucerna non è tanto qual che è scritto e che era stato ampiamente anticipato: diritti umani, integrità territoriale e sicurezza energetica alimentare. Quel che colpisce e ciò che manca, cioè la firma di Brasile, Indonesia, Arabia Saudita, Messico, Sudafrica, ognuno con i suoi motivi più o meno regionali, come città del Messico e Brasile più o meno a seguito dell'influenza cinese o perché come Riad aspira ad ospitare il prossimo vertice con la Russia. La lista di chi non ha firmato la dichiarazione finale è tutto sommato corta, non getta una cattiva luce sulla riuscita del summit che aveva come ambizione principale far ripartire la macchina negoziale e in questo, forse, c'è riuscita e del resto gli stessi ... svizzeri già dal primo giorno avevano anticipato che non si sarebbe arrivati ad un consenso globale. Anche Kamala Harris in vece del presidente Biden aveva sottolineato: "Non la pensiamo allo stesso modo, abbiamo opinioni diverse". E la presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni invece ha ribadito la sua vicinanza Kiev, rivolgendosi direttamente a Zelensky. "Dovendo fare un bilancio c'è da dire che la formula proposta a Kiev sembra aver raggiunto gli obiettivi prefissi, piccoli passi, con argomenti specifici, con gruppi di lavoro tecnici in attesa di un altro summit, nella speranza che si possa iniziare un percorso di pace e che Lucerna sia stata davvero solo il primo passo".