L'orrore, l'indignazione, la rabbia dopo la prima esecuzione a morte eseguita in Iran scuotono il mondo e il paese stesso. Chi protesta da tre mesi nonostante la repressione e le intimidazioni non retrocede e sono anzi annunciate nuove manifestazioni. Il corpo di Mohsen Shekari, 23 anni, impiccato giovedì è stato sepolto all'alba in fretta e furia davanti a pochi familiari attoniti. Shekari era colpevole di guerra contro Dio secondo il regime iraniano che lo ha arrestato durante le rivolte e giudicato con un processo farsa, mostrando come prova una confessione estorta con le torture. Altri 11 manifestanti sono in attesa di essere giustiziati. Intanto arriva la notizia che la nipote della guida suprema Khamenei è stata condannata a 3 anni di carcere dopo aver invitato la comunità internazionale a tagliare i rapporti con Teheran. La lesione dei diritti civili fondamentali è sotto gli occhi di tutti ma le condanne e gli appelli dell'Occidente cadono nel vuoto, anzi, vengono ripagate da minacce e anatemi. Ne fa le spese anche la vicepresidente del Parlamento Europeo, Pina Picierno, in seguito alla sua condanna dell'esecuzione di Shekari. Le proteste non finiscono e vengono represse anche con spari diretti al volto, ai genitali e al petto. Nel mondo capovolto della teocrazia iraniana tutto questo è una risposta misurata nel contrastare le rivolte, così recita il Tweet del Ministero degli Esteri, accusando l'Occidente di ipocrisia. L'Iran ha mostrato la massima moderazione e lo stesso vale per il processo giudiziario, moderazione e proporzionalità. Il presidente ultraconservatore Raisi insiste. Andremo avanti così, mentre la guida suprema Khamenei si compiace per la condanna a morte. L'inflessibilità del regime confligge con alcune notizie non confermate. Si starebbe cercando una via di fuga per alcuni notabili in Venezuela, in caso la situazione sfuggisse di mano, non è esclusa infatti la deriva armata da parte della popolazione di fronte a tanta brutalità.