All'indomani della conferenza di Berlino sulla Libia, l'Europa si interroga su come mettere in pratica i 55 ambiziosi punti contenuti nella dichiarazione finale, ma soprattutto su come contribuire alla stabilizzazione del cessate il fuoco e al rispetto dell'embargo sulle armi. A Bruxelles la riunione dei Ministri degli Esteri non ha preso nessuna decisione concreta, ammette l'alto rappresentante Josep Borrell, a cui però i 27 hanno dato mandato di presentare, entro il mese prossimo, delle proposte. Si ragiona su una possibile missione militare di pace, ma prima ancora da più parti si invoca il ripristino dell'operazione navale Sophia, affossata di fatto dal primo Governo Conte, che contestava l'automatismo dello sbarco in Italia di tutti i migranti salvati dalle navi, riserve che l’attuale esecutivo sembra mantenere. “Può essere un punto di partenza, ma Sophia va smontata e rimontata in maniera completamente diversa, perché deve essere una missione per non far entrare le armi in Libia. Deve essere una missione per il monitoraggio dell'embargo e null’altro”. Quanto a una possibile missione militare di pace europea sotto l'egida dell'ONU, invece, Di Mario dice che l’Italia è pronta a fare la propria parte. Diversi Stati membri, però, frenano sottolineando come per l'invio di soldati sia ancora troppo presto. Prima bisogna attendere, dunque, che si calmi la situazione sul campo. Ma contro un eventuale coordinamento europeo della missione, si schiera anche il Presidente turco Erdogan, che per questo ruolo chiede, invece, l'intervento delle Nazioni Unite.