Tutto è già successo e in gran segreto, come sempre accade nelle collaborazioni tra intelligence, ma questa volta il pubblico ringraziamento di Putin a Trump è di per sé un’ulteriore notizia. Lo scorso 15 dicembre gli uomini dell’FSB, l’ex KGB, arrestano sette persone sospettate di appartenere a una cellula terroristica dell’Isis, che stava pianificando l’ennesimo attacco alla cattedrale e altri luoghi simbolo di San Pietroburgo. La polizia, però, questa volta arriva in tempo ed effettua sette arresti, il kamikaze, il logistico, il chimico e gli aggregati. Nel piano, un attacco suicida all’interno di una struttura religiosa. Il raid della polizia avviene con successo dopo lo scambio di informazioni degli agenti 007 della CIA con quelli dell’FSB. Una grande quantità di materiali esplosivi, armi automatiche, munizioni e letteratura estremista viene sequestrata, un’armeria artigianale smantellata e anche la rete di comunicazione sull’app di messaggistica Telegram scoperta, azzerando così una cellula molto operativa e pronta a colpire. Era dalla crisi dell’Ucraina, con l’annessione della Crimea nel 2014, che la collaborazione diretta tra intelligence Mosca e Washington, almeno negli annunci ufficiali, sembrava interrotta. Inoltre, in questi mesi la Russia e gli Stati Uniti hanno mostrato più divergenze che vicinanze, vedi la Siria e l’Iran, tanto da far pensare a una rinnovata strategia della tensione dei grandi blocchi. Ma a ben vedere, seguendo le tracce dell’inchiesta Russiagate, i rapporti tra Putin e Trump appaiono ben più sofisticati e ora anche ufficialmente più collaborativi, guarda caso, proprio a ridosso di un appuntamento elettorale, che si preannuncia molto complesso per Putin, con un’opposizione montante e il terrorismo islamico sempre in agguato. Ora per l’ex KGB è tempo di serrare i ranghi e consolidare vecchie collaborazioni.