Salentino di Maglie come Aldo Moro, è nella Democrazia Cristiana che Raffaele Fitto muove i primi passi seguendo le orme del padre Salvatore che nella seconda metà degli anni '80 fu presidente, democristiano appunto, della Regione Puglia. È solo tenendo conto di questa premessa che si può capire l'inclinazione e il talento si intende da pontiere che ha sempre caratterizzato il profilo del nuovo vicepresidente esecutivo italiano della Commissione europea e quindi il suo modo di stare dentro Fratelli d'Italia. L'uomo giusto, lo definiva non a caso Silvio Berlusconi. Il suo approdo al partito di Giorgia Meloni del resto è esperienza relativamente recente. Il primo incarico Fitto lo ricopre poco più che ventenne, consigliere DC alla Regione Puglia di cui appena dieci anni più tardi, dopo il passaggio a Forza Italia, diventerà presidente come il padre. È il 2000 e lui ha appena 31 anni, mai in Italia si era visto un Governatore di Regione così giovane. Cinque anni più tardi viene sconfitto da Nichi Vendola per un pugno di voti e quindi eletto alla Camera dei Deputati e diventa Ministro per gli Affari regionali nel IV Governo Berlusconi. Sono questi anche gli anni dei guai giudiziari, ipotesi tra le altre di corruzione. In primo grado viene condannato a 4 anni ma poi sarà assolto in appello e in cassazione. Nel 2014 Fitto viene eletto a Strasburgo secondo candidato in assoluto più votato in Italia, ma intanto dentro Forza Italia maturano i dissapori con la linea ufficiale, Fitto decide di lasciare il partito quindi dopo una parentesi con Maurizio Lupi, il lento avvicinamento a Fratelli d'Italia. Nel 2020 è di nuovo candidato alla presidenza della Regione Puglia ma viene sconfitto da Michele Emiliano poi, dopo essere stato eletto nel 2022, diventa Ministro per gli Affari europei nel Governo Meloni con un incarico fra i più delicati: seguire la partita del PNRR, l'uomo giusto, non a caso.