Il giudice ha parlato, ma Lanre e Takessha non hanno alcuna intenzione di arrendersi. A consulto con gli avvocati in questione, decidono il prossimo passo per tutelare il proprio bimbo. Intanto, però, la sentenza dell’Alta Corte di Londra non potrebbe essere più netta: i medici del King’s College Hospital possono sospendere le cure che tengono in vita il piccolo Isaiah, undici mesi, perché non è nel suo migliore interesse vivere così, attaccato ai macchinari per la ventilazione artificiale. Una vicenda che ricorda molto da vicino quella di Charlie Gard. In questo caso, però, i medici ammettono che Isaiah, che ha subìto un catastrofico danno celebrale, da definizioni dei medici, alla nascita, quando è rimasto senza ossigeno, ha un certo livello di conoscenza, sia pure molto basso. Poi sottolineano: non risponde agli stimoli, non si può muovere autonomamente né può respirare. “La mia opinione è che la sua condizione non possa migliorare”: la testimonianza di uno degli specialisti ascoltati dal giudice. La risposta della madre in tribunale non è bastata a convincere la legge, anche se parla al cuore: “Dire che è in condizioni troppo gravi per aver diritto di vivere – arringa – non è giusto. Non sta a loro deciderlo”.