Da semplice indagine d'inchiesta giudiziaria con rilevanza penale, il Dipartimento di Giustizia ha deciso di alzare il livello della contro-inchiesta su Russiagate, così da dare al procuratore Durham le stesse armi che aveva Robert Mueller quando lavorò su possibili legami fra l'entourage della campagna di Trump e Mosca. Ora anche Durham potrà chiamare testimoni davanti a un gran giurì, potrà raccogliere e richiedere documenti, potrà dialogare con i paesi alleati per richiedere maggiori informazioni. Un passaggio non meramente formale, che spiega quanto l'amministrazione tenga a questo dossier. Donald Trump continua a tirarsi fuori, sottolineando che nasce tutto da un'iniziativa del Ministro della Giustizia William Barr, ma di fatto il Presidente non ha mai nascosto la sua insofferenza verso il caso Russiagate, da cui comunque è emerso il sospetto di una sua ostruzione alla giustizia. L'obiettivo ora è quindi smontare il lavoro di Mueller, soprattutto adesso che, per ordine di un giudice, tutte le prove da lui raccolte saranno messe a disposizione del Congresso e dell'inchiesta per l'impeachment sul caso Ucrainagate. Inoltre, Trump vuole provare a dimostrare che tutto sia nato da un complotto ordito da Obama, dalla CIA e dall'FBI contro di lui con la collaborazione dell'intelligence dei paesi amici. Da qui anche i viaggi di Barr in Italia, dato che uno dei perni di questa teoria è la controversa figura del professore Joseph Mifsud, che insegnava nel campus di Roma, dove venne presentato all'ex collaboratore di Trump George Papadopulos, a cui in incontri successivi disse di essere a conoscenza di presunte informazioni compromettenti su Hillary Clinton di cui erano in possesso i Russi. Il professore maltese, com'è noto, risulta da mesi irreperibile, ma secondo i media conservatori americani intelligence italiana avrebbe dato al Ministero della Giustizia americano degli indizi utili che poi di fatto hanno permesso a Barr di trasformare quella che era solo un'indagine in un'inchiesta penale.