Crimini contro l'umanità. Questa l'accusa rivolta al Presidente brasiliano Bolsonaro per la sua gestione scriteriata della pandemia, che ha provocato uno stratosferico numero di decessi. Sono queste le conclusioni dell'inchiesta del Senato brasiliano, oltre 1.000 pagine, dure come pietre per chi, nei terribili mesi del 2020, passò dalla negazione del virus all'irrisione verso chi usava la mascherina, fino alla messa in discussione delle immagini degli ospedali al collasso o delle migliaia di fosse comuni, per ospitare le vittime. Bolsonaro, che si ammalò lui stesso di Covid-19, ostacolò sempre le misure restrittive, scoraggiò i vaccini promuovendo cure non riconosciute, come l'idrossiclorichina. Senza commento alcune frasi come: "Di qualcosa bisogna pur morire", oppure "I brasiliani se non li uccide il virus, li ucciderà la fame". Nel dossier del Senato, anticipato dai media, si descrive come il devastante mix di negligenza, incompetenza e negazionismo anti-scientifico, abbiano contraddistinto l'azione del Presidente, portando l'epidemia a uccidere oltre 600 mila brasiliani. L'accusa più grave è quella riguardante la decisione, deliberata e cosciente di Bolsonaro, di ritardare l'acquisto dei vaccini, che ha finito per provocare la morte di migliaia di brasiliani. La mortalità sarebbe stata stratosferica, si legge, e così è stato. Noi non dimenticheremo, conclude il report. Nel dossier, frutto di un'inchiesta durata sei mesi, Bolsonaro viene accusato di 11 crimini, tra i quali: epidemia che ha portato alla morte, uso illegale di Fondi Pubblici, falsificazione dei documenti, promozione di false cure e crimini contro l'umanità. Si raccomanda inoltre, l'incriminazione di decine di esponenti del Governo e del partito di Bolsonaro, tra i quali il figlio. Il Presidente non si è smentito neanche questa volta e ha definito l'inchiesta una barzelletta e una mossa politicamente motivata. Il rapporto è un'allucinazione, non si regge in piedi ed è un oltraggio alle 600 mila vittime di Covid, ha dichiarato.