A conclusione della due giorni dei Ministri degli Esteri dei Paesi della NATO a Bruxelles, il neosegretario generale Mark Rutte, in merito al conflitto in Ucraina è chiaro: “È necessario cambiare la traiettoria della guerra, dobbiamo assicurarci, dice, che Kiev sia in una posizione di forza e che possa, nei negoziati, quando deciderà di avviarli, ottenere quello che vuole”. È questa, a suo dire, la “priorità numero 1, 2 e 3” per l’Alleanza Atlantica. Meno chiare si fanno le sue risposte, in conferenza stampa, sulle eventuali tempistiche dell'adesione dell'Ucraina alla NATO, considerata una condizione indispensabile dal Presidente Volodymir Zelensky per sedersi a un tavolo di trattative con Mosca. A stretto giro, il Segretario di Stato americano Antony Blinken si limita a dire che "l'Ucraina ha davanti a sé decisioni difficili su ulteriori mobilitazioni, perché oltre ai mezzi e alle munizioni al fronte ci devono essere le persone". La nostra responsabilità, aggiunge il capo della diplomazia americana, è far sì che per ogni singola persona mobilitata ci sia l'addestramento e l'equipaggiamento necessario". E qui sta un'altra nota dolente. Secondo il Ministro delle Finanze ucraino "non ci sono i mezzi per bloccare la Russia e la situazione sul terreno è ora drammatica". Il vertice NATO si conclude alla vigilia della riunione dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa a Malta, che vedrà per la prima volta dall’inizio del conflitto la partecipazione del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, nonostante l’opposizione di Polonia e Paesi baltici. Mosca si oppone categoricamente all’adesione dell’Ucraina alla NATO e, secondo un’analisi dell’agenzia di stampa Reuters, di questo avviso sarebbero anche i consiglieri del presidente eletto americano Donald Trump. Nell'attesa del cambio alla Casa Bianca, da Mosca, il Presidente russo Vladimir Putin ritiene intanto "inevitabile" un ritorno alla normalità nelle relazioni tra Russia e Occidente e fa propaganda, accusando l'Ucraina di sostenere i miliziani jihadisti in Siria.