Dopo una settimana, Harvey, l’uragano che ha devastato il Texas, perde di intensità, ma la violenza dei giorni scorsi pesa sulla conta delle vittime e sull’economia del Texas, come dell’intero territorio degli Stati Uniti. Un impatto a dir poco epocale. I responsabili dell’impianto chimico Arkema, in cui si sono manifestate due esplosioni nelle scorse ventiquattro ore, non escludono ulteriori incendi. Nell’area di Crosby, quaranta chilometri quadrati a nord-est di Houston, si mette mano ad un piano di evacuazione. Intanto il Consiglio di sicurezza americano ha avviato un’indagine sulla tossicità dei fumi e delle emissioni nelle acque. La società francese ha quattro sistemi di raffreddamento dei perossidi organici prodotti nel suo stabilimento e conservati in contenitori frigoriferi: potrebbero, per i danni dell’uragano, subire ulteriori incendi. Nonostante le rassicurazioni delle autorità locali sulla scarsa tossicità delle esalazioni, è stata invitata la popolazione a stare lontana dai focolai e dai fumi. L’uragano ha letteralmente spostato oltre un milione di persone. Il problema degli sfollati si rivela imponente. La comunità islamica di Houston ha aperto i centri di preghiera agli sfollati, anche nella giornata di oggi, nonostante l’arrivo dei fedeli per celebrare la festa del sacrificio, uno dei pilastri della religione islamica. Il leader di una delle comunità ha assicurato che gli evacuati non saranno spostati e che per i fedeli – solo nell’area di Houston sono 200.000 – saranno disponibili i parcheggi delle moschee, consentendo così il normale svolgimento delle preghiere. Mentre si contano centinaia di volontari al fianco dell’esercito per fornire aiuti ai senzatetto.