Usa 2016, gli umori degli italoamericani in vista del voto

17 ott 2016
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I più prudenti parlano di diciassette milioni in tutto il Paese, i più entusiasti arrivano fino a venticinque milioni. Sta di fatto che quasi il 7 per cento della popolazione negli Stati Uniti ha una qualche origine italiana. Gli italoamericani fanno parte dell’ossatura di questo Paese e spesso hanno anche saputo distinguersi, da Fiorello La Guardia, primo sindaco italoamericano di New York negli anni Trenta, fino ai più attuali Nancy Pelosi e Bill De Blasio. Da Frank Sinatra, passando per Dean Martin e arrivando a Robert De Niro, da Enrico Fermi a Joe Di Maggio, fino a Madonna e Lady Gaga. Gli italoamericani sono stati e restano capaci di forgiare ambiti politici, culturali e intellettuali negli Stati Uniti. Inseriti ormai in ogni settore, non si riconoscono nell’immagine macchiettistica, chiassosa e colorata a cui a volte ancora erroneamente li si associa, anche se restano profondamente legati a origine e a tradizioni che in Italia, invece, si stanno perdendo, come appare evidente facendo un giro per Arthur Avenue nel Bronx, quella che ormai da anni viene considerata la vera Little Italy. Qui incontriamo Davide, un’istituzione da oltre quarant’anni con il suo banco dei salumi, dove da First Lady è venuta anche la Clinton. Con lui, che per queste elezioni ha inventato anche due panini ispirati ai due candidati, proviamo a capire quali sono i sentimenti della comunità rispetto al voto dell’8 novembre: “In queste elezioni c’è molto in gioco per i cattolici e gli italoamericani, ma nessuno sa che fare”. “Quale panino vende di più?”. “Direi cinquanta e cinquanta, anche se il Trump costa il doppio dell’Hillary”. Dell’incertezza che c’è per tutti dietro a queste elezioni ci parla anche Michael Capasso, Presidente dell’Opera della città di New York. “Queste elezioni sono profondamente divisive, mentre l’America, mai come adesso, avrebbe bisogno di un candidato capace di unificare”, ci spiega Capasso. E sono le stesse preoccupazioni che troviamo andando a Washington, dove si è tenuto, questo fine settimana, il gala annuale della NIAF, The National Italian American Foundation. Sul suo sito internet si legge che la NIAF intende preservare le tradizioni e i valori della comunità italoamericana e proteggerla anche dai pregiudizi nell’opinione pubblica e nei media statunitensi. In realtà, negli anni questa fondazione ha iniziato ad avere un’influenza molto importante, fino nei corridoi più segreti di Washington. Tant’è che al suo gala annuale normalmente hanno partecipato sia Presidenti che politici di spicco, italiani e statunitensi. Non quest’anno, però. “È un anno elettorale e, quindi, per questioni di opportunità i politici non sono graditi”, ci dicono. Ma la battaglia fra Trump e Clinton è argomento di conversazione a ogni tavolo, anche perché questi candidati stanno mettendo a dura prova i tradizionali equilibri all’interno della comunità, come sottolinea il Presidente della NIAF, John Viola: “Direi che la proporzione tra conservatori e democratici nella nostra comunità è di circa 60-40, ma Trump genera reazioni così variegate e c’è chi lo adora, ma anche molti che lo odiano davvero”. Dubbi che ci vengono confermati anche da altri partecipanti, tra cui la figlia di Dean Martin, Deana Martin: “Un minuto mi sembra di sapere cosa fare, poi succede qualcosa e mi ritrovo a pensare che non li sopporto. Ora davvero non sopporto nessuno dei due”.

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