Ponte sullo Stretto, la storia del progetto

27 set 2016
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Entra ed esce dai cassetti da decenni l’idea di unire la Sicilia alla Calabria: un Ponte sullo Stretto, adesso rilanciato dal Presidente del Consiglio dopo le aperture dello stesso Matteo Renzi arrivate nelle scorse settimane. L’Esecutivo sarebbe pronto a riaprire il dossier che secondo il Capo del Governo potrebbe creare 100.000 posti di lavoro. La palla quindi sarebbe nelle mani dei costruttori, invitati da Renzi a portare le carte e sbloccare ciò che è fermo. I primi progetti sono vecchi più di un secolo, ma quello di una certa consistenza è del 1992. E però nel 2002, con il terzo Governo Berlusconi, che sembra farsi sul serio. Nel 2005, Impregilo vince la gara come general contractor, ma l’anno dopo, quando a Palazzo Chigi arriva Romano Prodi, torna tutto nel cassetto. Del Ponte si torna a parlare nel 2008, quando il quarto Esecutivo a guida Berlusconi, rilancia l’infrastruttura. Nel 2011, però, l’Unione europea fa sapere che non è tra le opere prioritarie da finanziare. E quando Mario Monti diventa Capo del Governo lo congela, prevedendo – è il 2012 – 300 milioni di euro per pagare le eventuali penali. Impregilo, intanto, fa un passo indietro e recede dal contratto per la costruzione. Nel 2013, la società Stretto di Messina, costituita nel 1981 e controllata dall’Anas, azienda pubblica che gestisce strade e autostrade, viene messa in liquidazione. Arriviamo così al recente passato, col pressing di NCD per rimettere in moto l’opera, e il messaggio di Renzi ai costruttori. Ma come dovrebbe essere e quanto costerebbe collegare Calabria e Sicilia? Gli ultimi dati, risalenti al 2011, parlavano di un costo di 4,5 miliardi di euro soltanto per il Ponte, a cui aggiungere una serie di spese per le altre opere collaterali, e che portavano l’investimento totale a 8,5 miliardi, di cui più della metà a carico dello Stato. Oltre al Ponte, lungo 3,3 chilometri e con torri alte 400 metri, erano previsti più di 20 chilometri di collegamenti stradali e altrettanti ferroviari. Sulla sua schiena, infatti, l’opera garantirebbe non solo il passaggio di auto e camion, ma anche quello dei treni, oggi costretti a essere smontati e poi riassemblati dopo aver passato lo Stretto.

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