Non il solito caldo, non la solita siccità. Secondo un nuovo studio la crisi climatica, provocata dall’uomo con petrolio, gas e carbone, ha reso il fenomeno in Sicilia e Sardegna molto più grave e il 50% più probabile. A dirlo è il World Weather Attribution, la più autorevole organizzazione di scienziati che si occupa proprio di analizzare e verificare l’impatto dei cambiamenti climatici sugli eventi estremi. "Allora è chiaro che uno pensa per la siccità conterà molto il fatto che piove poco, questo è evidente. Certo, però questo lavoro ci fa vedere come conta di più l'aumento di temperatura e la relativa evapotraspirazione, cioè il fatto che con la temperatura molto elevata quella poca acqua che c'è evapora dai suoli e l'acqua traspira dalla piante in maniera molto forte". Tra le conseguenze del fenomeno negli ultimi mesi anche le enormi perdite di grano per gli agricoltori siciliani. Mentre gli ulivi, in alcune regioni dell’isola, stanno lasciando cadere le olive con mesi di anticipo rispetto al normale. Quali sono le soluzioni? "Bisogna, assolutamente, adattarsi con misura il più possibile strutturali e non emergenziali. Con mille modi che sappiamo tutti, insomma il fatto che i nostri acquedotti non devono essere più dei colabrodo e il fatto che non possiamo più permetterci di innaffiare il giardino e campi coltivati con l'acqua potabile. Dobbiamo recuperare le acque reflue. Quando ci vuole dobbiamo fare degli invasi e così via. Ma la cosa fondamentale che ci dice questo studio è che in futuro dobbiamo evitare di arrivare a temperature superiori e quindi dobbiamo mitigare, cioè dobbiamo diminuire drasticamente le nostre emissioni di anidride carbonica e altri gas serra, ovviamente limitando al massimo le combustioni fossili, in modo tale da non arrivare a scenari peggiori in cui sarebbe difficilissimo adattarsi. Questo è il vero problema. Non riusciremmo, probabilmente, più a difenderci".