Un nuovo appartamento in affitto a Milano, questa volta privato e non legato al consolato iraniano, e la disponibilità a indossare il braccialetto elettronico. È la strada scelta da Mohammad Abedini, l’ingegnere svizzero-iraniano trentottenne arrestato lo scorso 16 dicembre a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti e detenuto nel carcere di Opera, per tentare di convincere i giudici della Corte d'Appello di Milano a concedergli i domiciliari in attesa che venga discussa la sua estradizione. L’integrazione all’istanza, già depositata in precedenza, è stata presentata nelle ultime ore dal suo legale in vista dell'udienza pubblica del 15 gennaio in cui i giudici della Quinta sezione penale della Corte d'Appello di Milano dovranno appunto pronunciarsi sui domiciliari per l'iraniano. Sempre che nel frattempo non intervenga il ministero della Giustizia per chiedere la revoca degli arresti rimettendo Abedini in libertà. La finestra temporale all'orizzonte per chiudere la questione dopo la liberazione di Cecilia Sala è molto probabile sia di circa 10 giorni, entro comunque il 20 gennaio, data d'insediamento di Trump alla Casa Bianca. È in questo lasso di tempo che probabilmente il ministro della Giustizia interverrebbe, avvalendosi della sua facoltà di rimettere in libertà Abedini, qualora ovviamente decidesse di farlo. A lui spetta l'ultima parola indipendentemente da ciò che dovessero decidere i giudici milanesi in merito alla concessione dei domiciliari per Abedini. Domiciliari su cui la Procura Generale aveva già dato parere negativo. La richiesta di estradizione negli Stati Uniti, formalmente, non è ancora arrivata così come non sono ancora stati trasmessi gli atti sulla base dei quali gli Usa accusano l'ingegnere trentottenne di aver esportato la tecnologia per l'attacco di droni che un anno fa ha ucciso tre soldati americani in un avamposto in Giordania. Nelle prossime ore Abedini nel carcere di Opera dovrebbe ricevere la visita dell'Ambasciatore iraniano.