La messa in sicurezza della Andria-Corato è costata 90 milioni di Euro. Fondi europei e regionali serviti, innanzitutto, per raddoppiare il binario lungo il quale, il 12 luglio del 2016 avvenne lo scontro frontale che causò la morte di 23 passeggeri e il ferimento di altri 51. Ma nei lavori che hanno consentito, il 3 aprile scorso, la riapertura della tratta sei anni otto mesi e 22 giorni dopo la sciagura oltre a tutte le misure di sicurezza legate al raddoppio, come l'SCMT il Sistema Controllo Marcia Treno che, tra le altre cose, arresta automaticamente la marcia di un convoglio nel caso in cui sensori avvertano la presenza di un altro treno sullo stesso binario; ci sono anche l'elettrificazione della linea, sottopassi, sovrappassi e l'eliminazione di nove passaggi a livello. Interventi va detto previsti dalla gara d'appalto partita il 16 aprile del 2016 e conclusasi il 19 luglio dello stesso anno, pochi giorni dopo la tragedia, e sulla cui tempistica tanto si polemizzo all'epoca. Non a caso nel processo contro i vertici di Ferrotramviaria, la società che gestisce la tratta, e altri 16 imputati i mancati investimenti sulla sicurezza sono stati il cavallo di battaglia della Pubblica Accusa, che ha sempre considerato, in particolare non sicuro e obsoleto, il sistema del blocco telefonico in base al quale capistazione si scambiano dispacci per autorizzare la partenza dei treni verso la stazione successiva. Tesi non accolte però dal Tribunale di Trani che, il 15 giugno scorso in primo grado tra le proteste dei familiari delle vittime, ha stabilito che a causare la sciagura furono gli errori commessi da un capotreno e un capostazione. Gli unici imputati condannati.