È dovuta intervenire l’Europa per costringere il Governo italiano ad abbassare la testa su una delle pagine più indecenti degli ultimi vent’anni: le torture di Bolzaneto nei giorni del G8 di Genova, la sospensione della democrazia. Dopo 16 anni, Strasburgo, dove ha sede la Corte per i diritti dell’uomo, mette l’Italia di fronte al suo dovere che in realtà è semplicemente un rattoppo: il risarcimento economico. 45.000 euro per danni morali e materiali a sei cittadini, pestati in quella caserma. Sedici anni ci sono voluti, quando pure le atrocità commesse il 21 e 22 luglio erano così chiare, così palesi, così oggettive: ragazzi picchiati, seviziati, umiliati in base alle loro presunte convinzioni politiche, costretti a strisciare per la caserma Nino Bixio, gridando che Che Guevara era un bastardo comunista, “viva il duce, viva Hitler”; le ragazze minacciate di stupro, gli uomini, con mascelle fratturate. Il processo si era concluso con poche condanne lievi e la tagliola della prescrizione. Di fatto, quella vergognosa pagina è scivolata via nella sostanziale impunità. Il Parlamento italiano non riesce a trovare il tempo, ma forse non sente neppure la necessità di adeguare il codice al diritto internazionale, inserendo il reato di tortura; nonostante quella storia ci insegni che essa può appartenere anche ad un Paese come il nostro, perché per tre terribili giorni ci appartenne. E non è praticata solo nei Paesi che riteniamo peggiori del nostro. L’Italia ha ancora i soliti reati di piccolo taglio: abuso d’ufficio, abuso d’autorità, violenza privata, che prevedono da sei mesi a tre anni.