Granchio blu, i progetti per contrastare la diffusione della specie

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14 giorni fa

Contrastare l'invasione della specie nelle aree del delta del Po e bilanciare la sostenibilità ambientale e socio-economica della pesca regionale. Del famigerato granchio blu, originario dell'atlantico e arrivato in Italia alcuni anni fa, la cui invasione rappresenta una delle principali sfide alla biodiversità della regione, si è parlato ancora nel corso di un incontro pubblico organizzato a Venezia Mestre. Il primo passo per monitorare e contrastare lo sviluppo della specie aliena, le cui femmine producono fino a tre milioni di uova covata, è una mappatura precisa delle aree tra Veneto ed Emilia Romagna, nelle quali si riscontra una maggior presenza del granchio. Poi, il monitoraggio degli impatti ambientali della specie negli habitat naturali, lo sviluppo di modelli previsionali e infine lo studio di linee guida per la pesca e l'acquacoltura. Perché il granchio blu, è sì un vero e proprio flagello per gli allevamenti di vongole veraci e crostacei, ma anche un'importante risorsa economica per gli imprenditori veneti, che nella pesca e nella vendita di massa, soprattutto all'estero e nella trasformazione del granchio in prodotti alimentari, hanno fiutato un grosso affare. Attenzione però, perché la specie aliena cela un'altra insidia. Secondo un recente studio dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, il granchio blu ospita un parassita, responsabile della cosiddetta “bitter crab disease”, o malattia del granchio amaro. Nessun pericolo per la salute, ma il parassita può compromettere la qualità della carne, conferendole un retrogusto amaro dopo la cottura, rendendola quindi meno appetibile per i consumatori. "Il parassita è un piccolo protozoo dell'emolinfa, il sangue dei crostacei, e non è assolutamente un problema di salute umana. Non è pericoloso per l'uomo né tanto meno per gli altri mammiferi altri animali domestici". .